mercoledì 26 gennaio 2011

Father di Pasquale Squitieri

Anteprima al Petruzzelli.


Di una crudezza che sembra non lasciare spazio al lieto fine, perché la realtà supera la fantasia, una realtà fatta di "Opportunità" che decretano, senza "mezzi termini", sulla Vita e sulla Morte. Eppure il lieto fine c'è e si dispiega nella scena finale in cui è la Memoria emotiva a prendere il sopravvento, con il suo Sapere che non può essere violato perchè costruito sull'Amore.

Tali mie considerazioni hanno prevalso su quelle inerenti la recitazione, la mancanza di effetti speciali e su quant'altro appartiene alle tecniche della fiction cinematografica. Ma qui, difatti, più che fiction c'è Realtà che nulla lascia alle patetiche messe in scena delle mezze verità.

Se l'Arte è ciò che permette alla società di vedere oltre l'Ordinario, siamo di fronte ad un prodotto artistico di stra-ordinaria qualità.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

il film più brutto che abbia mai visto nella mia vita.Sig.ra Vallarelli io non posso credere che lei l'abbia realmente visto.Una scrittura penosa,sceneggiatura di quinta categoria(sempre se esiste) trama insignificante,musiche orribili,recitazione pessima,doppiaggio scandaloso.Io avrei fatto meglio non avendolo mai fatto nella mia vita.é uno scandalo che qualcuno finanzi film così.Sarei davvero curioso di ricevere una sua risposta o di quell'incompetente del regista.

Angela Vallarelli ha detto...

Sign. Anonimo,
ebbene, ero al Petruzzelli dietro invito di un'amica interessata al film e le assicuro che dopo il primo quarto d'ora pensavo di andare via, proprio per quanto da lei rilevatoSono rimasta perchè ero in compagnia ma anche perchè volevo arrivare al finale che avevo intuito quasi subito ma che non era per nulla scontato (...). Credo che il film possa suscitare molteplici riflessioni, anche su ciò che accade nell'Italia dei nostri giorni. La stessa trama, apparentemente "banale", racconta, ahimè, verità troppo spesso eluse. Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

non era banale???
ma prescindendo dalla trama e dalle "molteplici riflessioni, anche su ciò che accade nell'Italia dei nostri giorni"come si può arrivare a parlare di un bel film?di verità troppo spesso eluse? ma se lo sanno anche i bambini che cosa vuol dire mafia. l'unico commento possibile sarebbe dovuto essere MENO MALE CHE è IL SUO ULTIMO FILM.comunque spero di incontrarla in tribunale visto che sono avvocato.

Angela Vallarelli ha detto...

Caro Anonimo,
le rispondo come ad un'altra critica giunta via mail. Con stra-ordinario intendo "fuori dall'ordinario". Siamo circondati da film di pessima categoria, penso ai tanti "panettoni" di casa nostra e sinceramente non mi aspettavo tanto polverone su un'opinione "positiva" riguardo un film che tratta ben altri argomenti. Non essendo una giornalista o una del mestiere, mi sento libera di esprimere le mie opinioni nutrite anche di un "sentire" che va oltre (ma non la prescinde) l'analisi "intellettuale" sull'argomento. Sulla mafia sappiamo già tutto, o quasi, ma forse sappiamo poco su ciò che accade nelle famiglie e su quanto gli affetti incidano nelle scelte personali, nel bene e nel male. In ogni caso, ciascuno di noi è libero di esprimere la propria opinione e non credo che la mia "positiva" vada contro i principi di giustizia e verità che mi sono particolarmente cari. Il resto, recitazione pessima, mancanza di estetismo, carattere e personalità del regista o quant'altro mi viene segnalato come inappropriato (mi riferisco anche alla mail ricevuta) sono questioni altrettanto opinabili e comunque non riferibili a ciò che ho sollevato con le mie dichiarazioni. Saluti.

Anonimo ha detto...

c'ero anch'io alla presentazione del film. Ho sofferto molto per la pessima recitazione (credo che l'originale fosse in inglese ) e per le riprese,che apparivano sfocate in certe scene,ma ciononostante non l'ho trovato per niente insignificante. Il regista ha detto che ha voluto fare un film contro tutte le ideologie, e soprattutto contro tutti i fondamentalismi, che portano ad uccidere in nome dell'amore. Ripeto, con tutti i limiti riscontrati, questa è una storia d'amore, di un rapporto esclusivo fra un padre che recita la parte di padre buono per tutta una vita ed un figlio che ha creduto in lui così profondamente, da scegliere di morire, così come prima aveva scelto di uccidere(in nome del padre buono), piuttosto che arrendersi alla realtà scoperta così crudelmente. E' qui che si celebra la sconfitta del padre, è qui che quello che il padre aveva seminato, gli si rivolta contro. Non è banale, no, proprio per niente!

Anonimo ha detto...

Scusate se mi intrometto nella vostra discussione pur non avendo assistito alla proiezione del film.
Leggendo i vari commenti, mi sono fatta una mia idea: la "sceneggiatura di quinta categoria trama insignificante,musiche orribili,recitazione pessima,doppiaggio scandaloso" (riporto fedelmente dal commento del 26-1-2010 alle ore 16:47 di Anonimo) possono essere un mezzo per marcare il messaggio che il regista vuol trasmettere, ovvero lo squallore della situazione di menzogna in cui il padre ed il figlio vivono.
In ogni caso questi commenti mi hanno incuriosito molto e sicuramente andrò a vedere il film. Anche perchè dubito che un regista come Squittieri abbia dimenticato come si faccia un film....
Concludo dicendo: PECCATO CHE è IL SUO ULTIMO FILM....
Saluti a tutti
Roberta

Angela Vallarelli ha detto...

Il figlio si sacrifica, distrugge la relazione, sconvolge l'ordine costruito.

Unknown ha detto...

A quanto pare i grandi critici che si cimentano a commentare questo film sembra non abbiamo letto il cartello comparso per circa 20 secondi con scritto COPIA LAVORO. Per chi non lo sapesse questo significa che il doppiaggio non è quello definitivo che i rumori sono solo appoggiati, le immagini sono prive di conforming, le musiche non sono quelle defintive. Detto questo che mi sembrava doveroso sottolineare,il maestro ha spiegato con chiarezza come è impossibile trasmettere un messaggio che racconti qualcosa di inquietante usando un linguaggio gradevole. Il messaggio è chiaro, forte e cattivo e applaudo il regista per essere stato cosi realista. Il film è un pugno allo stomaco ed apre difficili riflessioni. I giovani attori sono bravissimi cosi come il grande Franco Nero, il resto lo lascio commentare a chi si è fermato al cartello COPIA LAVORO
New age

Angela Vallarelli ha detto...

Proprio così, COPIA LAVORO. Vero è che anch'io non stavo reggendo all'inizio. Mi è venuta però in mente la frase del regista quando ha chiesto di restare fino alla fine. Richiesta un pò strana, eheh. Quando ho intuito il film, nel suo significato meno apparente, la Copia lavoro era bella e dimenticata, ciao a tutti.

Maurizio Di Credico ha detto...

Se l'intento di Squitieri era di far parlare (di sè), allora la sua ultima fatica ha centrato in pieno il bersaglio. Per il resto la strada del cinema d'autore il regista deve averla smarrita. E da un bel pezzo.
La dicitura "Copia lavoro", purtroppo, non può giustificare la qualità scadente di un prodotto meno che amatoriale, e messa lì, in bella mostra, ricorda un po troppo una barricata cautalativa precauzionale. Il film è brutto, oggettivamente brutto. La storia banale, oggettivamente banale. La regia... beh, quella non c'è. Non c'è perchè gli attori si muovono a casaccio, perchè le riprese si affastellano senza senso, perchè i dialoghi non sono credibili, e il rapporto tra padre e figlio sembra più quello di due amanti fin de siecle. I "Pugni allo stomaco" sono altrove, qui c'è solo noia e ovvietà confezionate con la fretta dei fast-food. Sinceramente non credo che il film arriverà mai nelle sale, dubito che il doppiaggio verrà rifatto, che ci sia tempo, voglia e denaro di ritoccare un lavoro che, piuttosto, sarebbe meglio dimenticare. In fretta. Per rispetto nei confronti del pubblico senziente e del cinema, quello vero, che Squitieri ha sicuramente frequentato.
Quanto agli "attori", vi consiglio di leggere i commenti presenti su questo blog:
http://lasignoradellapioggia.blogspot.com/2011/01/father-bifest-teatro-petruzzelli-25-01.html

Il bifest, nel frattempo, è finito. Lunga vita al bifest.

Caio ha detto...

Ero presente alla proiezione del film e avendo notato le mancanze di cui si è parlato mi sono chiesto il perché portare sullo schermo un lavoro che avrebbe prodotto tante critiche. Sono un musicista e quand’anche non toccassi lo strumento per mesi non perderei quanto acquisito in anni di pratica. Per tale motivo mi riesce difficile credere che il regista possa aver dimenticato come fare un film. Mi convince maggiormente una sua personale riflessione tra forma e contenuto che una improvvisa amnesia per il suo mestiere. Una riflessione che conduce alla scelta di realizzare una “brutta storia” con una confezione che non ne potesse contraddire il contenuto. D’altro canto appartengono ad una storia recente realizzazioni per il cinema e la tv che raccontano di storie tragiche, violente e oscure della storia italiana confezionate in modo da rendere i personaggi quasi eroi, animati da coraggio e atteggiamenti pseudoetici che niente hanno a che vedere con la realtà che raccontano. Prodotti sicuramente meglio confezionati, più godibili, ma in definitiva più dediti ad eludere la realtà che a denunciarla.

Angela Vallarelli ha detto...

In effetti, la domanda è stata la stessa per molti, anche se poi hanno prevalso differenti interpretazioni. A distanza di diversi giorni, ripensando al film, mi tornano ancora in mente alcuni momenti e passaggi che reputo davvero forti, per la carica emozionale ed il loro significato.

Anonimo ha detto...

E’ un peccato che per via della “pellicola tecnicamente scadente” venga sottovalutati non solo la tematica che si evince dalla trama, la strumentalizzazione degli ideali umani (a mio avviso profondamente vera, radicata, trasversale a tutte le culture e ad ogni ceto sociale); ma anche i volti dei 3 attori emergenti: Andrea Fachinetti (Mark, testimonianza del bisogno di amore di un figlio per crescere), Daniel Baldock (Jimmy ) e Camilla Caiati (Susan, testimonianza diretta della sofferenza di tutte le ragazze minorenni vittime della violenza della tratta delle bianche). Alla fine non saranno proprio questi attori emergenti, con i loro volti non solo molto belli ma anche molto particolari, a pagarne le spese?