lunedì 12 dicembre 2011

Torino, la menzogna e la vittima sacrificale

Una ragazza sedicenne, per evitare di 'prenderle' dai genitori e per la vergogna nei confronti di parenti e amici, ha mentito incolpando i cosiddetti rom, o zingari, suoi vicini di casa, di averla violentata. Alla sua dichiarazione è seguita una spedizione punitiva che ha tolto con il fuoco l'onta della vergogna. Poco ci mancava che ne venisse una strage. A seguito di ciò, la fanciulla si è pentita e con doppia vergogna (antica e moderna) ha declamato la Verità: l'atto indicibile veniva direttamente da Eros, un Eros incarnato che ha guidato l'incontro intimo della stessa con il suo innamorato. Ma allora, perchè tanta negazione e violenza? Forse perchè Eros continua a non abitare molte regioni (ragioni) del sociale, cosicché ancora oggi, nell'occidente moderno, continua a valere l'antica logica scrificale che vuole la fanciulla il-libata, quindi vergine, sull'altare del matrimonio? Se così è, si spiega la trasgressione - che non corrisponde all'atto in sè - e la conseguente paura della punizione. Si spiega la necessità di trovare un capro espiatorio che attiri su di sè la violenza degli dei (del dio, comunque della collettività). Facile poi arrivare al gruppo oggetto d'imputazione, quello che facilita il gesto conciliatorio: la folla si scaglia contro lo Stereotipo che qui corrisponde al Diverso e Povero "in canne", vicino di casa della primaria vittima. Il danno è stato lieve, ma soltanto perchè è poi giunta la confessione (per nulla scontata), grazie alla quale si è ristabilito l'ordine che oggi si radica nella moderna semantica dei diritti fondamentali dell'uomo.


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