sabato 21 novembre 2009

Ecco il salotto dell'Arte


Papa Benedetto XVI - ispirandosi alla Lettera che il suo predecessore ha inviato simbolicamente agli artisti, ha incontrato, presso la Cappella Sistina, i vip italiani del salotto Arte. Persino Nanni Moretti ha sentito l'interiore esigenza di presenziare ed ascoltare la lezione papesca. Forse per meglio definire il prosieguo del suo nuovo film - che vede nel ruolo-Papa l'esatto contrario di quell'uomo che fa di sé un'opera d'arte, come scritto da Papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera agli Artisti. Così hanno sfilato, i geniali vip nutriti dalla fede, ed hanno ricevuto gli onorati applausi e la meritata medaglia.

giovedì 19 novembre 2009

Amiche inseparabili


Hanno entrambe nove anni, sono compagne di scuola, una è italiana e l'altra tunisina.
Dopo aver riferito alle maestre del loro disagio all'interno della scuola, decidono di allontanarsi, quindi si nascondono in uno sgabuzzino presso lo stesso edificio, sino al loro ritrovamento da parte di uno dei genitori, il padre dell'italiana.
La vicenda ha il sapore dello stra-ordinario perché rara è la determinazione a tradurre in azione un desiderio paventato, ma rappresenta l'ordinaria rivendicazione di significati d'amore contro le separative rappresentazioni sociali.
Ci sono due bambine, una italiana e l'altra extracomunitaria, che vivono con disagio la frequenza scolastica e che - al di là delle convenzioni - stabiliscono una relazione importante, molto importante. Stabiliscono un'intesa e un affetto che scavalca ogni prevaricazione sociale. Queste bambine testimoniano il senso più profondo della relazione umana.

Padri del nostro tempo


Si chiama "presa d'atto"! Non è così facile se nel caso della parità genitoriale, soltanto oggi, in Italia, la sezione lavoro di un tribunale emette una sentenza che assicura (invita/offre/promuove) il diritto (dovere) paterno a restare a casa per cinque mesi per congedo parentale da usufruire prima e dopo la nascita della prole: "l'uomo potrà ottenere tutto il periodo se la madre è casalinga, è in malattia oppure è una lavoratrice autonoma che non usufruisce del diritto all'astensione. Altrimenti prenderà un concedo che sommato a quello della compagna non può superare i cinque mesi." (La Repubblica).
Come gestiranno tale diritto i novelli padri italiani non lo sappiamo, ma il riconoscimento della libertà personale che questa sentenza porta con sè sembra rispondere al bisogno di responsabilità genitoriale oggi ampiamente richiesto.

mercoledì 18 novembre 2009

Asta al ribasso per canili lager?


Siamo nel Sud dell'Italia, ma potremmo essere in qualsiasi altro territorio italiano perché vicende simili accadono un pò ovunque. Si tratta del business "protezione animali". In Italia è reato maltrattare gli animali, eppure c'è chi - del tutto incurante - costruisce sul maltrattamento e sulla morte un vero e proprio business. Non entriamo in merito al mondo delle scommesse clandestine ma al mero mantenimento dei randagi per i quali i comuni pagano una retta giornaliera. L'asta al ribasso che la regione Basilicata ha indetto per il mantenimento di 420 cani pare esserne una prova. Far vincere un maxi canile fuori regione (Cassano sullo Ionio, in provincia di Cosenza), perché chiede soltanto un euro e sessanta centesimi al giorno ha tutto il sapore di una truffa alla luce del sole, anzi, delle istituzioni. Tanto più se con quell'euro e sessanta centesimi si intende garantire "alimentazione, spese veterinarie, accalappiamento dei randagi nei territori della Comunità, smaltimento dei corpi degli animali morti, anche quelli non selvatici né esotici, insomma mucche, pecore e simili".
Il problema è che nonostante la legge italiana abbia stanziato fondi cospicui per far fronte al randagismo, coinvolgendo anche le Asl, i profitti derivanti dalla presenza dei randagi pare siano ancora più vantaggiosi. Tra le pratiche diffuse vi sarebbe addirittura quella di far accoppiare gli animali per "liberare i cuccioli, ri-accalappiarli e riprendere il giro. Un affare da un miliardo e mezzo di euro. Concentrato prevalentemente al Sud" (La Repubblica).
Di oggi è quindi la notizia che l'Enpa (ente nazionale per la protezione degli animali) farà un esposto alla Procura della Repubblica, chiedendo di "interloquire con la Corte dei Conti, per sapere come mai 300mila euro, destinati alla Regione Basilicata per le politiche sul randagismo, non sono mai stati utilizzati". (La Repubblica).
Credo che si davvero necessario affrontare con serietà il problema del maltrattamento degli animali, passando dal formale al sostanziale, e su ciò le Istituzioni hanno una grossa Responsabilità.

lunedì 16 novembre 2009

FAO: la Fame, la Borsa, la Vita



Di fame si muore e i morti sono soprattutto i poveri dei paesi poveri. Perché preoccuparsene? Il presidente della Commissione europea José Barroso ha la risposta che soddisfa: "un mondo dove un miliardo di persone sono affamate è non solo una macchia sulla nostra coscienza collettiva, ma anche una crescente minaccia per la Sicurezza Mondiale".
Per sfatare l'insicurezza sono necessari fondi, denaro per intenderci. La cifra calcolata è di 44 miliardi di dollari da destinare allo sviluppo agricolo e alle infrastrutture dei Paesi poveri. Tuttavia:
1) Non tutti i paesi ricchi sono disposti a destinare fondi cospicui nel capitolo "fame nel mondo". Per restare in ambito italiano, basti pensare che dei contributi che i cittadini italiani versano allo stato mediante l'8 per mille, ben 10 milioni e 586 mila euro vanno a restauri e interventi a favore di immobili ecclesiastici, contro gli 814 mila euro per la fame nel mondo. Sullo scandalo italiano dei fondi 8 per mille - compreso quelli destinati alla ricostruzione post terremoto - si veda l'articolo di Carmelo Lopapa su La Repubblica.
3) I potenti dei paesi poveri non hanno alcun interesse a sollevare la propria popolazione dalla fame. Ciò è evidente soprattutto in Africa.
2) C'è un problema di sopravvivenza del pianeta, piuttosto che di sicurezza, collegato al degrado ambientale e ai metodi di produzione alimentare, come osserva l'attuale Papa: "i metodi di produzione alimentare impongono un'attenta analisi del rapporto tra lo sviluppo e la tutela ambientale. Il desiderio di possedere e di usare in maniera eccessiva e disordinata le risorse del pianeta è la causa prima di ogni degrado dell'ambiente".
3) Secondo le ONG (Organizzazioni Non Governative), la stessa FAO, anziché occuparsi delle zone rurali - dove è concentrato l'80 per cento delle persone che soffrono la fame - e di promuovere i piccoli produttori locali, stringe alleanze con le multinazionali "che utilizzano il cibo come mezzo di speculazione". Tra l'altro, sullo stesso problema non mancano le proteste dei poveri dei paesi ricchi, come è accaduto in Italia, in occasione del vertice FAO, da parte dei piccoli produttori, degli agricoltori e dei pescatori arrivati da oltre 70 paesi.

Insomma, pare che le questioni in ballo siano essenzialmente due: l'avidità e lo scambio di favori tra i potenti; la necessità di uno sviluppo sostenibile. Questioni che andrebbero però lette a partire da una riflessione che oggi non si può più eludere e che ha risvolti necessariamente etici: il mondo è unico ed ogni singola vita è collegata ad altre singole vite. Il che significa che siamo in un network di collegamenti che rendono chiare le responsabilità. Da sud a sud. Da nord a nord.

FAO: la fame, il signor Geddhafi e le 200 ragazze



La barzelletta del vertice FAO: in fin dei conti, la fame non ha mai preoccupato granché. Lo status, quello si che conta. Lo sanno bene in certi regimi, dove la rappresentazione sfarzosa del potere è una pietra miliare nel mantenimento del controllo e dei privilegi di status. Così abbiamo personaggi come Gheddafi e l'ambasciatore libico in Italia che alla vigilia del vertice si dilettano in una mega festa, in compagnia di 200 ragazze italiane reclutate e pagate come belle statuine nella propaganda religiosa. Perché il Corano è un libro religioso. Niente di amorale in tutto ciò. Soltanto la tristezza di sapere che i tempi per la Vita non ci sono ancora mentre sono ancora altissimi i costi che la Vita deve ancora pagare alla Rappresentazione sociale.

domenica 15 novembre 2009

FAO: la fame e le first ladies



Lunedì prossimo si terrà a Roma il vertice internazionale sulla Sicurezza alimentare della Fao. Nel frattempo, mentre il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, digiuna per 24 ore (ottimo rimedio per la salute) e dorme una notte all'ingresso del palazzo della Fao su un materasso di gommapiuma, con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema dell'insicurezza alimentare, arrivano le first ladies dei Paesi Non Allineati. Ci sarà anche Isabella Rauti, moglie del sindaco di Roma Gianni Alemanno, e capo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. L'obiettivo è quello di "mettere a confronto le varie esperienze volte ad assicurare l'accesso delle donne alla terra e al credito, per ridurre la fame nel mondo".
Donne e madri contadine e lavoratrici, la sicurezza alimentare è nelle vostre mani, nonché in quelle delle first-mogli.

sabato 14 novembre 2009

Ritiri quella norma: il privilegio del processo breve



Lo scrittore Roberto Saviano lancia un appello al presidente del consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, e dice: RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO.

Riportiamo il testo:

"SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.

Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è¨ mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.

Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. E' una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia".

Prima di lui si sono già espressi in tanti. Tale è l'evidente privilegio a favore dei colletti bianchi - a discapito del diritto di tutti alla giustizia, che sarebbe davvero inspiegabile l'assenza di contrapposizione da parte dei cittadini. Il processo breve è un privilegio che l'Italia non può permettersi, considerate le condizioni in cui versano le organizzazioni giuridiche. Non si accorciano i processi con una nuova legge ma con l'adeguamento di tutti i livelli organizzativi a standard di lavoro efficienti ed adeguati alle necessità operative.
Dopo l'ascolto delle storie raccontate da Saviano in televisione mercoledì scorso, storie di vite dedicate al sacrosanto diritto alla Vita, nella sua magnifica espressione di "Universale di Bellezza e Verità", l'odierno appello giunge come particolarmente appropriato nel Ricordare il gravissimo errore di chi sottovaluta il potere dell'accusa per i non privilegiati e non riconosce il diritto alla difesa.
Per chi ha "a cuore" la Vita non è proprio possibile accettare tale violazione dei principi di giustizia fondata sull'uguaglianza. Non è possibile non indignarsi, restando indifferenti.

venerdì 6 novembre 2009

Quell'uomo in croce


La polemica dei giorni scorsi sulla decisione della corte europea, in risposta al ricorso presentato da una cittadina, di proibire l'affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche, si radica sicuramente nel diritto positivo che dall'Illuminismo in poi ha caratterizzato la politica moderna contro i pericoli della de-differenziazione sociale (di potere spirituale e di potere temporale). Ma se ci pensiamo un attimo, in fondo, sembra trattarsi di una decisione "religiosa", nel senso etimologico del termine, volta cioè a unire anziché dividere, ad includere anziché escludere, come, invece, avviene ogni qual volta prevalgono codici fondati su valori separativi e gerarchici, orientati alla razza, al genere, all'appartenenza (etnica, religiosa, etc.). Poi, però, mi viene in mente ciò che scrive Travaglio nel blog del quotidiano Il Fatto, citando la scrittrice italiana Natalia Ginzburg, ebrea e atea: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente… Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola". In effetti, nel dibattito italiano odierno, nessuno è riuscito ad esprimere con tanta semplicità la propria difesa del crocifisso. Le ragioni addotte sono state varie, alcune banalissime, altre più sofisticate. In ogni caso, credo che la sentenza europea debba far riflettere, quanto meno sulle motivazioni della cittadina europea, oltre che sui risultati decisionali. Forse ha voluto ricordare che l'Europa è uno stato di diritto (positivo) e di doveri (con riferimento ai diritti), e che le specificità culturali (religiose) debbono restare doni preziosi per chi vuole coglierli e non domini di potere.