lunedì 28 dicembre 2009

Scalfari e il partito dell'amore


Incaponito sulla formulazione di domande, Eugenio Scalfari intitola l'articolo di oggi su La Repubblica: "Qualche domanda sul partito dell'amore". Tuttavia, di domande ve ne sono soltanto due e derivano dalle seguenti considerazioni: "il partito dell'amore propugna un sentimento che merita di essere incoraggiato"; "il Papa è per definizione il capo del partito dell'amore e quindi non ha bisogno di fondarlo perché ci pensò Gesù di Nazareth duemila anni fa"; "il compito di Berlusconi è dunque molto più arduo, ma proprio per questo ancor più affascinante". Alla luce di ciò, Scalfari si chiede se il partito dell'amore propugnato da Berlusconi non mascheri un tentativo di stupro e se lo stesso riuscirà a diventare capo di un siffatto partito. L'opinionista riconduce così l'amore ad un partito e vede Gesù di Nazareth come il fondatore, rendendosi però affascinato dalla possibilità che Berlusconi possa riuscire nella stessa impresa.
Insomma, il nostro Scalfari, ben posizionato alla sua scrivania e ai suoi anni, continua a gratificarsi di battute, non rendendosi conto che la questione in ballo richiede un'analisi concettuale di ben altra portata, oltre che una sensibilità superiore alla solita "ironia intellettuale di sinistra". Scrivere come lui scrive non mi pare che aiuti l'elettorato a fare chiarezza per comprendere la gravità della situazione politica italiana, svilendo anche il significato dell'amore che mostra di non conoscere, anche con riferimento a Gesù di Nazareth.
Scalfari crea confusione e fa anche pensare: non sarà che l'inciucio l'abbia fatto proprio lui, passando al partito del Papa?

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